Compravendita, Locazione, Somministrazione, Mutuo, Comodato, Deposito, Mandato, Appalto, Tutela del Consumatore, Assicurazione
16 thoughts on “Singoli Contratti”
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Poiché lei appartiene alle categorie protette, ai sensi della Legge 68/1999, ha diritto all’assunzione obbligatoria. È strano che dopo tanti anni non sia stato chiamato; le consiglio innanzitutto di accertarsi di essere stato inserito nell’elenco tenuto presso il centro per l’impiego ove ha presentato la domanda e poi di vedere che posto occupa nel detto elenco per valutare che possibilità c’è concretamente per lei di poter essere chiamato da parte di aziende private o enti pubblici.
Per quanto riguarda l’eventualità che lei possa stipulare contratti di comodato d’uso gratuito con soggetti terzi con la piena consapevolezza da parte sua di poter essere esposto a controlli e a conseguenti sanzioni, commette un grosso errore a ritenere che non avendo disponibilità economica lei non possa essere aggredito, poiché, come ha riferito, risulta proprietario dell’abitazione in cui vive. Ciò che conta per la legge è, come dice lei, la “carta”!
Potrebbe stipulare, per ciascun mese, singoli contratti di locazione per finalità turistiche che sono sottratti alla disciplina della legge n. 431 del 1998, e quindi, sono regolati dalle norme del codice civile, che lascia ampia discrezionalità alla volontà delle parti. Il contratto, però, deve essere necessariamente stipulato in forma scritta, pena la nullità.
Per tali contratti, soggetti al pagamento dell’imposta, la legge non prevede l’obbligo della registrazione se di durata non superiore a 30 giorni; se la durata è superiore a 30 giorni, si ha l’obbligo del pagamento della relativa imposta e della registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, per non incorrere nella sanzione. Preciso che il limite di durata dei 30 giorni deve essere determinato computando tutti i rapporti di locazione di durata anche inferiore a 30 giorni intercorsi nell’anno con il medesimo locatario.
Nel contratto, che come detto andrà registrato solo se di durata superiore ai 30 giorni, è necessario specificare che viene stipulato per finalità esclusivamente turistiche e che l’immobile è sprovvisto di servizi accessori (quali fornitura di colazione, biancheria, pulizia); diversamente, la sua sarebbe intesa come attività imprenditoriale. Dovrà, inoltre, denunciare la presenza degli inquilini, entro 48 ore, all’Autorità locale di Pubblica Sicurezza o, in mancanza, al Sindaco.
E’ utile citare la circolare 20/E del 4 giugno 2012 dell’Agenzia delle Entrate, la quale chiarisce che il locatore può applicare la cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale è prodotto il reddito.
Nella dichiarazione dei redditi, i contratti non superiori a 30 giorni devono essere dichiarati alla voce “redditi occasionali”, mentre quelli di durata superiore alla voce “redditi di fabbricati”. Potrà, comunque, portare in deduzione tutte le spese relative alla locazione.
Le sconsiglio di optare per la stipula di singoli contratti di comodato d’uso gratuito, che comunque andrebbero registrati e che facilmente verrebbero visti, nel caso di controlli, come strumenti per evadere il fisco e ciò in quanto sarebbe poco credibile che lei conceda gratuitamente la sua abitazione a soggetti terzi per tutto il periodo estivo.
Vorrei affittare casa per i mesi estivi. Meglio un contratto di locazione o di comodato? Grazie
Vorrei affittare una casa per i soli mesi estivi (giugno-settembre) ma non vorrei nè pagare troppo di tasse (sennò ci rinuncio) nè evadere il fisco.
Cosa mi si consiglia? Il normale contratto di locazione di natura transitoria Ex Legge n. 431/1998 o forse è meglio un contratto formalmente di comodato ma nella sostanza di locazione? Quali i rischi in entrambe le ipotesi? Grazie.
Se ritieni che il tuo datore di lavoro pone in essere una serie di comportamenti persecutori volti ad emarginarti e tali da turbare la tua serenità ed il tuo equilibrio psicologico, potrai denunciarlo per mobbing; anche se il mobbing non è configurato come specifico reato a sé stante, potrai far rientrare gli atti posti in essere in altre fattispecie di reato previste dal codice penale.
Il mobbing consiste nel vessare il dipendente con diversi metodi di violenza psicologica, ad esempio con continue e ripetute visite fiscali in caso di malattia.
Il lavoratore, per ottenere il risarcimento da mobbing, deve dimostrare il collegamento tra le conseguenze subite e la pluralità di comportamenti che si inseriscono in una precisa strategia persecutoria posti in essere dal datore di lavoro.
Va precisato, però, che la sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata, attraverso la valutazione complessiva degli episodi eventualmente dedotti in giudizio come lesivi, considerando l’idoneità offensiva della condotta, che potrà essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell’azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di “persecuzione e discriminazione”, risultanti specificamente da una connotazione “emulativa e pretestuosa” (Cass. Civile, sez lavoro, 06 marzo 2006, n. 4774; nella specie, i comportamenti datoriali erano consistiti in provvedimenti di trasferimento, ripetute visite mediche fiscali nell’arco di dieci mesi, attribuzione di note di qualifica di insufficiente, irrogazione di sanzioni disciplinari, privazione della abilitazione necessaria per operare al terminale).
Ne deriva che non costituisce mobbing sottoporre il lavoratore a continue visite fiscali, quando manchi la prova di un disegno persecutorio e di discriminazione (Cass. 01 agosto 2008, n. 21028).
la ringrazio infinitamente del parere, ma ho già fatto presente al mio datore
di lavoro che per effetto di legge potrebbe, nel mio caso, non richiedere la
visita fiscale, ma mi ha risposto che, avendo l’ente la facoltà di richiedere
la visita fiscale, ritiene che sia giusto così.Visto l’insensibilità che mi
dimostra, e come si suol dire , al danno la beffa, mi chiedevo come posso farmi
riconoscere, visto che la normativa lo cita,l’opportunità di non essere
sottoposta a visita. Con le buone non si è approdato a nulla, quasi come se nei
miei confronti avesse un atteggiamento vessatorio, eppure non solo ho una
invalidità civile riconosciuta permanente, ma anche lo stato di handicap grave
della 104/92 , riconosciuta dal giudice del lavoro con omologa ex art. 445.
Questo per farle capire il dramma di una donna di anni 52, che vive in una
condizione di difficoltà, eppure quando lo stato di salute me lo consente sono
presente, con gravi disagi, sul posto di lavoro. Alla luce di quanto esposto,
vorrei sapere se esiste un modo per rivalermi di tanta ostilità!!! pensavo una
denuncia alla corte dei conti per danno erariale. Devo avvalermi di un legale o
come cittadino posso fare esposto da sola, e se così fosse quale la forma per
inoltrare tale esposto. Non vorrei approfittare della sua bontà, ma mi creda
questa situazione mi angoscia, e il fatto di aver trovato, grazie ad internet,
una egregia professionista, mi da la forza di agire….. ancora una volta
GRAZIE
È ben noto che la visita fiscale è un accertamento previsto dall’art. 5 della L. 300/70, predisposto dall’INPS o dal datore di lavoro per verificare l’effettivo stato di malattia del dipendente assente per motivi di salute.
L’art 2 del Decreto Ministeriale 18 dicembre 2009, n. 206 prevede che i dipendenti pubblici sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità, per esempio, nel caso in cui l’assenza sia riconducibile a stati patologici sottesi/connessi alla situazione di invalidità riconosciuta. Occorre sottolineare che l’esclusione riguarda l’obbligo di rispettare le fasce orarie di reperibilità, ma la visita fiscale potrebbe comunque essere richiesta.
Ne deriva che potrai non essere reperibile nelle fasce orarie prescritte dal citato Decreto, in quanto la tua assenza dal lavoro è riconducibile alla patologia per cui sei stata riconosciuta invalida all’80%; immagino tu ti sottoponga a visite mediche periodiche e necessarie e ad accertamenti specialistici connessi e sottesi alla tua patologia invalidante che non possono essere effettuati in orari diversi da quelli compresi nelle fasce orarie di reperibilità.
La visita fiscale, ai sensi dell’art. 16, commi 9 e 10, del D.L. 98/2011, convertito in Legge 111/2011, non è più un accertamento obbligatorio per i dipendenti pubblici e, pertanto, è a discrezione del datore di lavoro disporla. Il tuo datore di lavoro, essendo a conoscenza della tua situazione, potrebbe evitare di richiedere la visita fiscale; potresti parlargli, con molta calma, evidenziando la necessità delle tue frequenti assenze dovute alla tua patologia invalidante e spiegargli che, nel tuo caso, non si tratta di accertare la malattia in quanto è riconosciuta anche con una determinata percentuale e che, quindi, le visite fiscali che richiede, avendo un costo, potrebbero essere evitate.
E’ opportuno, comunque, che tu acquisisca la documentazione attestante il controllo e/o visita medica a cui ti sottoponi e ciò al fine di giustificare l’eventuale assenza dall’indirizzo fornito durante le fasce orarie di reperibilità nell’ipotesi di verifica a mezzo visita fiscale disposta dal tuo datore di lavoro.
Cordiali saluti.
Avv. Cinzia Marseglia
gent.ma
avevo chiesto, sempre online, un chiarimento sulle visite fiscali ”
studio legale xxxxxxxxxx”, mi è stato risposto che non trattano questo argomento ,
per cui mi dovevo rivolgere ad un sindacato, ho trovato la sua e-mail e spero
di aver trovato la persona giusta.
sono una dipendente di un ente pubblico, ho
una invalidità permanente riconosciuta all’80%, mio malgrado mi assento
dall’ufficio sempre per la patologia per cui sono stata riconosciuta invalida,
puntualmente il mio datore di lavoro inoltra la visita fiscale. Il decreto
brunetta recita “non hanno l’obbligo della reperibilità anche gli invalidi
civili”. E qui il quesito. Cosa s’intende che non si ha l’obbligo di
reperibilità? Se il medico fiscale non mi trova in casa, a cosa si va incontro?
credo che il decreto non sia chiaro, perchè non dice che l’ente non deve
richiedere la visita visto che posso non essere reperibile, ma pare che sia
facoltativo. Allora quale il senso ? Leggevo che un ente che richiede la visita
fiscale agli invalidi civili potrebbe essere denunciato per danno erariale….
, per evitare ciò, come posso far capire al mio datore di lavoro che sarebbe
meglio, nel mio caso, non richiedere la visita fiscale?
Da quanto mi hai riferito, emerge che la palestra con cui hai stipulato il contratto è convenzionata con alcune società finanziarie. Per tale ragione, è necessario che nel contratto che tu hai sottoscritto vi sia una clausola che richiami la convenzione e che, quindi, subordini la validità del contratto stesso alla concessione del finanziamento. Diversamente, purtroppo, il contratto è efficace e tu dovrai corrispondere la somma pattuita.
Però mi ha riferito anche che ti chiedono il pagamento dell’importo in rate mensili e che, peraltro, sono già scadute: allora, o nel contratto era prevista la possibilità di corrispondere la somma pattuita in rate mensili, indipendentemente dal finanziamento, oppure il secondo finanziamento è andato a buon fine.
Sarebbe opportuno, comunque, esaminare attentamente il contratto che hai stipulato, al fine di valutare se ci può essere una soluzione per te più vantaggiosa (ad es. clausola risolutiva espressa, recesso unilaterale ecc.).
Buon giorno, vorrey informazione di como comportarmi, ho stipulato un contrato con una palestra per un anno, pero il pagamento doveva essere fatto tramite una finanziaria cue versava tutto il importo del anno e io pagavo alla finanziaria in rate mensili, dopo mi hanno avvisato che il finanziamento non e andato a buon fine e que c’provano ancora con una altra finanziaria dpo di che loro mi hanno inviatto dei messaggi al mio cellullare dicendo che le rate sono scadute e li devo pagare, non capisco come per che avevamo detto che io solo potevo andar con il accordo solo se andava a buon fine il finanziamento, per che non ho il soldi totale per pagare, vi informo anche non ho usufruito del sevizio ne anche un giorno.
Grazie per la vosta attenzione
In effetti, il cittadino, che decida di non ricevere più telefonate commerciali, può iscriversi dal 1 gennaio 2011 nel Registro Pubblico delle Opposizioni. A detto Registro possono iscriversi gratuitamente soltanto gli abbonati, intestatari di una linea telefonica – sia utenza fissa che mobile – che non desiderano più essere contattati dagli Operatori di telemarketing.
Pertanto, poiché il tuo numero non è presente negli elenchi telefonici pubblici, non rientri nella tutela. Per avere comunque ulteriori chiarimenti in merito, nonché informazioni circa la funzione, le modalità e le sanzioni relative a tale nuova procedura clicca qui….
Buon Giorno. Qualche giorno fa sono venuto a conoscenza dell’esistenza del Registro Pubblico delle Opposizioni, che è un nuovo servizio concepito a tutela del cittadino il quale decide di non voler più ricevere telefonate per scopi commerciali o di ricerche di mercato e, in pari tempo, è uno strumento per rendere più competitivo, dinamico e trasparente il mercato tra gli Operatori di marketing telefonico.
Ho saputo anche che si parla di fortissime multe agli operatori, qualora un cittadino fosse iscritto ma contattato comunque. Volevo sapere, se io che ho già escluso il mio nome dagli elenchi telefonici pubblici mi iscrivessi a questo registro, rientrerei comunque nella tutela?
Il contratto di comodato, disciplinato dagli artt. 1803 e segg. c.c., non rientra tra gli atti che devono farsi per iscritto sotto pena di nullità ai sensi dell’art. 1350 c.c.
Comunque, laddove decideste di stipularlo in forma scritta (atto pubblico, scrittura privata autenticata o non autenticata), il contratto di comodato di beni immobili, come precisato nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n.
14/E del 6 febbraio 2001, è annoverato tra gli atti soggetti a registrazione nella misura fissa di euro 168,00.
Di contro, i contratti di comodato stipulati in forma verbale, sia che abbiano per oggetto beni immobili che beni mobili, non sono soggetti all’obbligo di registrazione, tranne nell’ipotesi di enunciazione in altri atti.
Buon giorno, sono Francesco. Vorrei consegnare un mio appartamento in comodato d’uso gratuito a mio cugino e vorrei sapere se vi è l’obbligo di stipularlo in forma scritta. Nel caso di risposta affermativa, vorrei sapere anche se sono obbligato per legge a registrare tale contratto.
La tua intuizione è, per così dire, esatta.
Il contratto di locazione di immobili destinati a uso abitativo, ai sensi dell’art. 1, ultimo comma, della Legge 431/1998, deve essere stipulato necessariamente in forma scritta.
La forma, in tal caso, rientra fra i requisiti essenziali del contratto, ex art. 1325 cod. civ., in quanto il legislatore la prevede a pena di nullità del contratto stesso.
Ne consegue che il contratto di locazione stipulato in forma verbale è nullo e, pertanto, il proprietario non ha diritto di riscuotere il canone e l’inquilino non ha diritto di abitare l’immobile.
Per la locazione di immobili destinati a uso diverso da quello abitativo, invece, restano in vigore le disposizioni degli artt. 27 e segg. della legge 392/1978, che non prevedono tale obbligo. In questi casi, perciò, il contratto di locazione può essere stipulato anche in forma cosiddetta verbale, salve le ipotesi in cui sia prevista una durata ultranovennale.
Nel mese di giugno 2010 ho dato in locazione, per i 3 mesi estivi, un mio appartamento ad un signore, il quale, al termine di detto periodo e cioè dopo averlo abitato e quindi goduto, non mi ha corrisposto la somma pattuita di Euro 1.500,00. Preciso che non abbiano sottoscritto alcun contratto. Vorrei sapere se posso pretendere il pagamento del canone oppure no. Grazie.