Rapporti di Famiglia

Matrimonio, Filiazione, Adozione, Separazione

10 thoughts on “Rapporti di Famiglia

  1. La domanda di separazione giudiziale è stata da te proposta innanzi al Tribunale di Catania.
    All’udienza che si è giá tenuta tu sei comparsa personalmente davanti al Presidente con l’assistenza del difensore ma, come da te riferito, non si è presentato invece il coniuge convenuto. È appena il caso di precisare che, in tal caso, il Presidente, su richiesta del coniuge presente, ex art. 707 c.p.c., fissa un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto sia rinnovata a cura della parte presente al coniuge non comparso.

    Nel tuo caso, poichè non si è presentato il coniuge convenuto, il presidente ha fissato un nuovo giorno per la comparizione e avrà certamente ordinato a te che eri presente che la notificazione del ricorso e del decreto fosse rinnovata al coniuge assente.

    Se alla prossima udienza il coniuge convenuto non si presenterà, il Presidente, verificata la regolarità della notifica allo stesso, redigerà processo verbale in cui si dà atto della contumacia del resistente, adotterà i provvedimenti temporanei ed urgenti necessari nel tuo interesse, nominerà il giudice istruttore avanti al quale proseguirà la causa e fisserà l’udienza avanti al Giudice nominato.

    Nel tuo caso i provvedimenti temporanei ed urgenti potrebbero essere l’assegnazione della casa familiare oppure l”assegno per il mantenimento.

    In definitiva, se tu ti presenterai alla prossima udienza, il giudizio proseguirà innanzi al Giudice Istruttore, solo se non ti presenterai anche tu il giudizio verrà archiviato.

    Il coniuge convenuto potrà decidere di non costituirsi in giudizio nemmeno innanzi al Giudice Istruttore, ma il processo proseguirà in sua contumacia.

  2. Buon giorno,
    avvocato sono un’italiana che vive dal 2010 in xxxxxxxxxxxx sposata nel 2005 con un xxxxxxxxxxxxx in Italia al quale grazie al matrimonio civile lui ha contratto il diritto ad un permesso di soggiorno.
    Matrimonio d’interesse (il suo) durato nemmeno un anno ci siamo separati fisicamente nel 2006 ma lui è sparito lasciando dati e stato di famiglia invariato giusto al mio rientro in xxxxxxxxx lo scorso luglio per partorire in Italia mia figlia avuta dall’attuale compagno.

    Rientrata in Italia ho faticato per sistemare e regolarizzare la mia e la posizione di mia figlia, non ho ancora potuto farla riconoscere in Italia dal suo padre (altro xxxxxxxxxxxx residente in xxxxxxxxxxx) causa situazione con l’ex in attesa di separazione.

    Questa è la seconda udienza alla quale il giudice ha detto che non seguirà altra se non si presenta, con rischio di archiviazione.

    L’udienza è prevista al tribunale di xxxxxxxx il xxxxxxxxxxxx alle ore xxxxxx ed io sarò lì vale a dire che partirò e lascerò il xxxxxxxxxx per venire in Italia per l’udienza, la questione che le chiedo , sapendo con molta probabilità che il soggetto non si presenterà, poiché non vuole perdere i suoi diritti estorti in modo insensibile e disonesto, cosa posso fare per difendere i miei diritti di ritornare libera (poiché dal 2005 sono signora xxxxxx ma nella realtà non lo sono stata che fino al 2005), e il diritto di mia figlia ad avere il riconoscimento anche in Italia di suo padre per dare finalmente allla nostra famiglia una legittimità che tuteli i diritti di mia figlia?!?!?!?!?!

  3. Innanzitutto, va detto che ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. e) del Codice di deontologia, il giornalista ha la possibilità di comunicare e diffondere i dati, senza il consenso dell’interessato, quando il trattamento è effettuato nell’esercizio della professione giornalistica e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità, nei limiti del diritto di cronaca posti a tutela della riservatezza e, in particolare, dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti d’interesse pubblico ex art.20, comma 1, lett.d.
    In determinati casi appare difficile assicurare un certo equilibrio tra la doverosa tutela del diritto di cronaca e l’ancor più doverosa tutela della persona. A tal proposito, occorre chiarire che il diritto di cronaca prevale sul diritto alla privacy se i fatti sono veri, di interesse pubblico e se sono esposti in forma civile e corretta ( Corte di Cassazione n. 3679/98, n. 4285/98, n. 8574/98, n. 5658/98).
    Il giornalista, nell’esercizio del diritto – dovere d’informazione, è tenuto al rispetto del domicilio, dei luoghi di cura, detenzione, riabilitazione nonché “degli altri luoghi di privata dimora” ex art. 3 del Codice di Deontologia: ne deriva che l’indirizzo della tua abitazione non avrebbe dovuto essere pubblicato.
    La problematica da te prospettata chiama in causa l’applicazione del diritto di oblio: tale diritto di creazione giurisprudenziale riguarda le riproposizioni di una medesima vicenda che possono essere ritenute, da un tribunale, lesive della reputazione di una persona se al momento della riproposizione l’interesse pubblico alla vicenda non è più esistente (Cassazione civile, sez. III, sentenza 05.04.2012 n° 5525).
    Ogni cittadino ha diritto a non essere più ricordato, anche in rete, per qualcosa che non riflette più la sua identità, nel tuo caso per una condanna penale di tanti anni fa.
    Il diritto di riprodurre fatti negativi, purché veritieri, da parte di organi di stampa ed assimilati trova un limite nel principio della pertinenza. In base a tale principio, i fatti possono essere riproposti, magari a distanza di tempo, solo se hanno una stretta relazione con nuovi fatti di cronaca e se vi è un interesse pubblico alla loro diffusione.
    Solo se un fatto di cronaca assume rilevanza quale fatto storico, ciò può giustificare la permanenza del dato, ma mediante la conservazione in archivi diversi (es: archivio storico) da quello in cui esso è stato originariamente collocato.
    Alla luce di quanto esposto, se l’interesse pubblico alla notizia riguardante la tua persona è venuto meno, potrai chiedere con diffida al giornale on line la rimozione dell’articolo ai sensi dell’ art. 7 del D. Lgs. n. 196 del 2003, ritenendo che la sua permanenza in rete possa danneggiare la tua reputazione. Rivolgi la richiesta anche al Garante per la protezione dei dati personali.
    Se lo riterrai opportuno, potrai adire la competente Autorità Giudiziaria, sostenendo che l’interesse pubblico verso la notizia non vi è più e che, quindi, l’articolo deve essere rimosso.
    Per completezza argomentativa, va detto che la Commissione europea per la Giustizia il 25 gennaio 2012 ha proposto una riforma globale per la tutela della privacy degli utenti sul web che dovrebbe essere trasformata in legge da tutti gli stati membri entro il 2015.

  4. Salve,

    vorrei sapere se è possibile imporre ad un giornale con versione anche su web, almeno dopo un certo periodo di pubblicazione, la cancellazione di una notizia che ci riguarda, nella quale compaiono il proprio nome, cognome, indirizzo ed età.

    Ad esempio, se l’articolo fosse di cronaca: “Mario Rossi, 55 anni residente a Roma, è stato sorpreso dalla polizia mentre… Processato per direttissima è stato poi condannato a un anno di reclusione…”, il sig. Rossi potrebbe chiedere al giornale di ritirare dal web la notizia, in modo che il suo nome (e gli altri riferimenti che lo rendono individuabile senza dubbio) non possa più associarsi a quell’evento?

    Chi ha commesso un reato ha diritto alla privacy? Oppure, oltre alla condanna per ciò che ha commesso, deve continuare a rischiare che chiunque, dai famigliari al datore di lavoro, possa venire a conoscenza dei propri fatti personali, con le relative conseguenze? Diritto di cronaca a parte, sarebbe una persecuzione, se non si potesse intervenire almeno dopo un certo periodo di pubblicazione, perché la diffusione di certe informazioni potrebbero causare danni notevoli: perdita del lavoro, perdita di credibilità sociale, ecc. Anche a distanza di anni.

    Nella speranza di una cortese risposta, la ringrazio infinitamente.

    Cordiali saluti

  5. In realtà, l’art. 28, comma 5, della legge 4 maggio 1983, n. 184, così come riformato dalla Legge 28 marzo 2001, n. 149, oggi denominata “Diritto del minore ad una famiglia”, stabilisce che “….l’adottato, raggiunta l’età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica. L’istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza.”
    A seguito di detta istanza, il tribunale per i minorenni procede all’audizione delle persone di cui ritenga opportuno l’ascolto; assume tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l’accesso alle notizie richieste non comporti grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita l’istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l’accesso alle notizie richieste.
    L’autorizzazione non è richiesta per l’adottato maggiore di età quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti irreperibili.
    È utile ricordare, però, che l’accesso a tali informazioni è comunque escluso nel caso in cui l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale o se anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di voler rimanere anonimo o abbia prestato il proprio consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo. Immagino questo sia il tuo caso dal momento che, come hai riferito, la donna che ti ha partorita non ha voluto svelare le generalità.
    Il diritto a conoscere le proprie origini, che è stato proclamato anche dalla dichiarazione dei diritti del fanciullo “nella misura del possibile”, trova un limite nella protezione dell’anonimato del genitore biologico che non voglia essere nominato e ciò per impedire che le nascite non desiderate possano comportare alterazioni di stato o, peggio ancora, interruzioni della gravidanza o soppressioni di neonati.

  6. Salve,sono una donna di xxxx anni adottata ad un anno di età,vorrei sapere se è
    possibile avere informazioni circa la famiglia d’origine.Premetto che non so
    nulla tranne che sono nata a xxxxxx in ospedale e la donna che mia ha partorita
    non ha voluto svelare le generalita’.Come posso muovermi per avere qualche
    informazione?In materia giuridica esite qualcosa?
    Grazie

  7. L’art. 11 della legge 15 luglio 2009, n. 94, che ha modificato l’art. 5 della Legge 5 febbraio 1992, n. 91, stabilisce che:…”Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica…”, così come da lei correttamente riportato.
    Ne deriva che il coniuge straniero che intende acquistare la cittadinanza italiana deve risiedere legalmente in Italia da almeno due anni dalla celebrazione del matrimonio.
    Poiché la sua istanza è stata presentata quando ancora lei non era residente legalmente in Italia da almeno due anni (bensì solo da sei mesi, come da lei riferito), si applicano le nuove disposizioni e, quindi, purtroppo lei dovrà presentare nuovamente la domanda di cittadinanza con tutta la documentazione richiesta.

  8. Egregia Avvocato mi permetto illustrarLe quanto di seguito:
    Sono cittadina Cubana che nel 2008 contraeva matrimonio, a Cuba, con cittadino Italiano e nello stesso anno eleggevo la residenza in Italia e trascorsi 6 mesi, come la legge lo prevedeva, presentavo domanda di Cittadinanza e quindi, accettati dalla Prefettura, tutti i documenti necessari per tale pratica. Nel frattempo, gennaio 2011, mi veniva recapitata una notifica (ritirata nel mese di maggio 2011 perchè mi trovavo a Cuba) dove la domamnda era innammisibile perchè non rientravo nei requisiti della nuova legge emanata il 15.7.2009 nr.94. Ora io mi chiedo: E’ vero che devo rifare tutti i documenti ivi compreso la domanda? Io non avevo già acquisito il diritto di presentazione come previsto dalla normativa il cui stralcio allego in allegato?
    Nella certezza che Lei possa darmi chiarimenti in merito, Le porgo i miei più distinti saluti.

  9. Innanzitutto, va detto che i genitori restano obbligati a concorrere tra loro, secondo il principio dettato dall’art. 148 c.c., nel mantenimento del figlio divenuto maggiorenne qualora questi non abbia ancora conseguito, senza sua colpa, un reddito tale da renderlo economicamente autosufficiente. Ne deriva, pertanto che detto obbligo di mantenimento cessa allorquando il figlio venga posto nelle concrete condizioni di essere autosufficiente o nel caso in cui il mancato svolgimento di un’attività lavorativa dipenda da un suo atteggiamento di inerzia ovvero dal suo rifiuto ingiustificato a svolgere un’attività lavorativa remunerata (Cass. 4102/07; Cass. 23672/06).
    Tale ipotesi può verificarsi, ad esempio, nel caso in cui il figlio rifiuti, senza alcuna ragione, di svolgere un’attività lavorativa offerta dal padre.
    È importante, poi, stabilire anche se il figlio ha mai svolto un’attività lavorativa, anche precaria, perché, in tal caso, l’obbligo di mantenimento potrebbe venir meno. Ciò dimostrerebbe, infatti, il raggiungimento da parte del figlio della capacità di provvedere autonomamente al proprio mantenimento (Cass. 23590/2010).

  10. Sono Gianni e vorrei un parere…sono separato da un anno dopo un matrimonio durato 22 anni e ho un figlio di 20 anni, che vuole il mantenimento. Vorrei sapere se sono obbligato a corrisponderlo oppure posso decidere di non dare
    niente, dal momento che è maggiorenne. Grazie.

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